lunedì 1 luglio 2013

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Come eliminare la ‘patologia’ dei ‘Partiti’ dei presidenti della Regione


di Redazione (1/7/2013)


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“Perché il presidente della Regione, Rosario Crocetta, invece di fare il leader di un Partito, non fa il leader della coalizione?”. A porsi questa domanda, oggi, sono tanti dirigenti del Pd siciliano. Non è una domanda oziosa, perché il governatore, più che di far crescere la Sicilia, pensa a far crescere il Megafono, cioè il suo Partito.
crocetta-600x250Possibile che ogni presidente della Regione, in Sicilia, si debba costituire un Partito politico per i fatti propri? Quella di Crocetta, la scorsa estate – parliamo della Lista Crocetta – sembrava, o almeno così era stata presentata, una lista di sostegno alla candidatura dello stesso Rosario Crocetta alle elezioni regionali.
Qualche mese dopo il voto, però, è nato il già citato Megafono.
Gli osservatori ricordano che anche l’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo, aveva un Partito per i fatti propri: il Movimento per l’autonomia. Anche se, a rigor di cronaca, l’Mpa viene fondato circa quattro anni prima della candidatura di Lombardo alla guida della Regione.
Ma è stata la candidatura di Lombardo alla guida della Sicilia, nel 2008, a far crescere questo Partito. Che, ricordiamolo, alle elezioni regionali di cinque anni fa, presentò tre liste e prese quasi il 24-25 per cento dei voti.
Finita l’esperienza di Lombardo alla presidenza della Regione, di fatto, è finito anche il Partito di Lombardo. La prova, quasi ‘scientifica’ che l’Mpa lombardo-cracolicisi fondava sulla gestione del potere.
La stessa cosa, per certi versi, vale anche per Totò Cuffaro. Solo chi ha poca memoria non ricorderà che è proprio sulla vittoria di Cuffaro alle elezioni regionali del 2001 che Pierferdinando Casini e lo stesso Cuffaro fonderanno l’Udc. Dal 2001 al 2006, senza i voti siciliani, l’Udc, a Roma, non esisteva.
Finita l’esperienza politica di Cuffaro, è finita anche l’Udc (complice l’alleanza un po’ temeraria, se non sbagliata, di Casini con Monti).
Insomma, dal 2001 ad oggi – ovvero da quando il presidente della Regione viene eletto direttamente dal popolo – il presidente eletto si fa un Partito politico per i fatti propri.
Questo ci dice che, con molta probabilità, è la legge elettorale che genera questa forma di ‘cesarismo’.
In effetti, la legge approvata nel 2001 – parliamo ovviamente della legge che ha introdotto in Sicilia l’elezione diretta del presidente della Regione – non è una grande legge. Sono troppi i poteri conferiti al capo della Giunta, mentre l’Assemblea regionale siciliana non ha alcun potere di controllo e di condizionamento sull’esecutivo.
L’unico momento in cui il Parlamento dell’Isola riesce a dire la sua è durante la sessione di Bilancio. Ma è un potere contrattuale minimo, perché se l’Ars blocca il Governo sul Bilancio, vanno a casa sia il presidente della Regione, sia i deputati dell’Ars.cuffaro
Di fatto, il presidente della Regione gode di poteri immensi. Fa quello che vuole. Per legge. Ed è normale, in queste condizioni, che si cimenti nel ‘capitalizzare’ il grande potere che ha a disposizione provando a costituire un Partito.
Si dirà: il Partito, come si è visto, dura lo spazio della durata del presidente della Regione. Ma questo non è poco. E, in ogni caso, il presidente di turno – ed è il caso di Crocetta – può sempre dire: i miei predecessori non sono riusciti a formare un Partito duraturo, ma io ci voglio provare lo stesso. Magari a me riesce.
Di fatto, la legge elettorale per l’elezione del presidente della Regione siciliana accentua la cosiddetta personalizzazione della politica. E produce una governabilità scadente. I risultati – pessimi – sono sotto gli occhi di tutti. La Sicilia, in questi dodici anni, è stata governata male.
Se la politica siciliana vuole eliminare il fenomeno del presidente della Regione che dà vita a un proprio Partito, ebbene, deve cambiare la legge. Introducendo dei contrappesi per dare più poteri all’Assemblea regionale siciliana. Valutando anche l’ipotesi – perché no? – della cosiddetta‘sfiducia costruttiva’, ovvero la possibilità di mandare a casa l’eventuale presidente-despota, lasciando al proprio posto l’Ars, e dando ai cittadini l’opportunità di eleggere un nuovo presidente della Regione.
A questo punto, con lo spettro della possibilità di essere mandato a casa, invece di girare la Sicilia e l’Italia per ingrossare le fila del proprio Partito, il presidente della Regione si occuperà realmente della Sicilia, facendo, magari, il leader della coalizione e non il leader di un Partito in contrapposizione ai Partiti che hanno contribuito ad eleggerlo!
In democrazia è bene evitare che tutto il potere si concentri nelle mani di un solo uomo politico. Lo spettro della ‘sfiducia costruttiva’, lo ribadiamo, costringerebbe il presidente della Regione a mettere da parte il ‘cesarismo’.
Il ‘cesarismo’ non è una novità nella nostra Isola. Ricordiamo che, negli anni ’90, dopo l’approvazione della legge sull’elezione diretta del Sindaco, i Sindaci si comportavano da ‘Podestà’. Tanto che le mozioni di sfiducia fioccavano.
Per fermare il continuo ricorso alle mozioni di sfiducia – qualcuno se lo dovrebbe ricordare – la politica siciliana non trovò di meglio che aumentare a dismisura le indennità dei consiglieri comunali che, solo per una mera questione di denaro, non mandavano a casa i Sindaci-Podestà con la mozione di sfiducia.
In parole povere, la stabilità delle amministrazioni comunali venne ‘monetizzata’ con laute retribuzioni ai consiglieri comunali.
Oggi che i soldi si vanno riducendo, è probabile che, nei Comuni, tornino a fioccare le mozioni di sfiducia ai Sindaci. Ma questo riguarda i piccoli centri, perché nelle medie e, soprattutto, nelle grandi città siciliane l’indennità dei consiglieri comunali è ancora elevata (specie se le commissioni consiliari si ‘riuniscono’ 5 volte alla settimana: cosa che avviene ordinariamente…).
 Toti
Sono parzialmente d’accordo sull’analisi della Redazione anche se si tratta di analisi assai interessante. Penso che vada rilevato come uno dei maggiori danni alla democrazia parlamentare siciliana sia l’assenza ,nella nostra ARS, della sinistra “storica” cioé quella di formazione e cultura comunista, socialista ed ambientalista (Rifondazione, SEL, Socialisti, Verdi) la sola che può fare da argine allo strapotere dei Presidenti.E la può non solo per la capacità di lotta all’interno della Istituzione ma per la capacità di aggregazione e di mobilitazione dei lavoratori con i quali anche il potere dei presidenti dovrebbe fare i conti. Ovviamente non i conti con l’attuale” ribellismo” dei cassaintegrati, licenziati, in mobilità, precari in assoluta autonomia e senza un organico coordinamento e dunque facilmente domabile (basta un impegno, un proponimento, un provvedimento per domarli) ma con una strategia che si fonda su di una politica dell’occupazione e dello sviluppo , la sola capace di rispondere organicamente alla grave crisi anche della nostra isola e costruire una nuova FORZ del cambiamento . Crocetta non é un comunista e non lo é mai stato neppure quando militava nelle formazioni del PCI,PdCI,Rifondazione . E’ , al contrario, un individualista ,un narciso,come lo sono stati Cuffaro e Lombardo con la differenza ,tra questo e quelli ,che Crocetta mette in campo una voglia di emergere frutto di anni ed anni di compressione psicologica in ragione anche della sua condizione sessuale che lo porta ad avere , rispetto ai cosiddetti normali , una carica in più, una resistenza in più ,un incredibile dinamismo, creatività, inventiva, “rivoluzionarismo” con i quali si devono fare i conti..No Crocetta ,anche se segue le linee tracciate dai precedenti Presidenti che hanno voluto costruirsi il “proprio” Partito, non é come tutti gli altri e per questo durerà di più .Ovviamente per condizionare e modificare l’attuale ” sistema ” politico regionale appare certamente necessaria una riforma elettorale partendo dall’abbassamento del quorum al fine di consentire una più ampia rappresentanza parlamentare delle forze di sinistra, progressiste,ambientaliste e riformiste che non trovano e non possono certamente trovare né oggi né domani collocazione o interlocutore in QUESTO PD. L’unico gruppo parlamentare che può intestarsi questa “rivoluzione” potrebbe essere il MOVI 5 stelle che dovrebbero fare le barricate per ,intanto, modificare la legge elettorale .Ne hanno coscienza?Lo vogliono? Ne sono capaci?
Toti Costanzo Rifondazione Comunista Partinico

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