sabato 30 gennaio 2010

IL CONSIGLIERE SAPIENZA E MENO MALE CHE SALVO C'E'!

Mi è capitato, di recente, di dialogare con un amico vicino al PD il quale mi rimproverava, seppur affettuosamente, d’avere espresso in un recente post un giudizio sul suo Partito assai severo. Avevo scritto, infatti, che il PD altro non è se non la riedizione riveduta e corretta della vecchia DC fatta di correnti cioè gruppi di potere che facevano riferimento ad un capo corrente, o più nobilmente definito leader, il quale aveva il compito di mantenere una struttura verticale ed anche orizzontale con la sua autonomia sebbene ufficialmente ancorata al Partito. La DC, scrivevo non era UN PARTITO ma un arcipelago di Partitini in ciascuno dei quali ci si ritagliava, però, uno spazio da usare per la sola gestione del potere e costruire carriere. Cioè, in ultima analisi, dicevo che l'attuale PD altro non era se non una rinnovata versione della Diccì. La reprimenda dell’amico mi aveva quasi convinto e pensavo, addirittura, di rettificare quando mi è capitato proprio qualche giorno or sono di imbattermi in una illuminante intervista che Pino Maniaci ha fatto ad un consigliere comunale di Montelepre. Questo consigliere, Sapienza, eletto in una lista civica composta, a quanto pare, soprattutto da militanti del PD aveva sostenuto un candidato dell’UDC quale Sindaco della città per il quale, addirittura si erano scomodati per il comizio di chiusura della campagna elettorale i piddini Lupo, Vitrano e Mattarella oltre che Dina ed anche Cuffaro. Rivinse, come sappiamo l’attuale Sindaco Tinervia e Sapienza è rimasto in consiglio quale capogruppo della minoranza o opposizione che dir si voglia.
Mi si può chiedere, a questo punto, le ragioni per cui non riscrissi il post dando ragione al mio amico il quale intendeva convincermi che il PD è altra cosa rispetto alla vecchia diccì delle correnti, dei capicorrente, dei leaders. Per fortuna non scrissi in quanto ebbi modo, come dicevo, di ascoltare l’intervista di Pino a Sapienza che ad una domanda di Maniaci riferentesi al PD così rispose: “Mi sono consultato con i miei REFERENTI POLITICI……”. Trasecolai. Composi il numero telefonico dell’amico e gli chiesi se avesse avuto modo d’ascoltare quella dichiarazione. Lui con flebile voce mi rispose: ”Si l’ho ascoltata”. Capite? Sapienza non si era consultato con i dirigenti DEL SUO PARTITO ma con I SUOI REFERENTI POLITICI. In una parola o con Cracolici o con Lupo o con Vitrano o con Mattarella o con Lumia o con Russo o con Faraone o con Apprendi o con………”

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Quando, di recente, mi fu riferito di un colloquio di un signore che aveva incontrato il Sindaco Lo Biundo per una questione che lo interessava, respinsi la definizione che quella persona ebbe a dare del Sindaco: ”Si tratta di un giovane arrogante e pieno di boria ..”. Mi sembrò un giudizio inficiato da un eccesso di animosità e sebbene non avessi mai avuto con Lo Biundo alcuna particolare frequentazione, mi sembrò appunto un giudizio esagerato. Poi ascoltai il Sindaco, l’altro ieri a Tele Jato durante un suo intervento in Consiglio a proposito della “questione“ Bertolino. Il suo dire fu aggressivo, quasi rabbioso e pieno d’ira. Disse: “Io non faccio le stesse FESSERIE degli altri Sindaci,..”. E lo disse non con pacatezza e determinazione scegliendo le parole più consone al contesto, ma quasi rabbioso ed alterando la voce oltre che i muscoli facciali. Poi nel prosieguo del suo caotico quanto convulso dire parlò “di qualche mente eccelsa”, “che ci vogliono le prove ed i supporti tecnici di controllo”. E disse anche con una certa enfasi che solo lui era stato capace di costringere la Bertolino al pagamento di 70 mila euro per i lavori che Motisi aveva consentito all’industriale di potere realizzare interrando il tubo che scarica i reflui nel Puddastri. Disse anche “che era stato l’unico che aveva costretto la Regione e l’ARPA a venire a Partinico” e continuò col discorso “oftalmico” aggiungendo anche (questa si che è stata una vera e propria chicca) che per verificare se i parametri dell’inquinamento sono stati superati si può ricorrere “assaggiando” gli stessi reflui. Pensai a quasi ventisei anni della mia vita spesi appresso alla distilleria. Ai suoi fumi, ai suoi colori, ai suoi odori e mi sentii annichilito davanti a tanta capacità e determinazione.Mi sentii un verme. Rivolsi il pensiero a Nino Amato, compagno di decennali battaglie, a parte della sua vita spesa a rincorrere Assessori regionali alcuni di questi amici del Partito di Lo Biundo, a funzionari, tecnici, chimici dell’ARPA, alle assemblee popolari, ai dibattiti, ai convegni, alle manifestazioni popolari. Pensai a Carlo Bongiono che nell'estate del 1992 si immerse nelle acqua putride del torrente per protestare contro l'inquinamento del fiume e del mare. Pensai anche alle querele collezionate da tanti di noi, al cruccio comprensibile della mia famiglia che mi vede, da tanti anni, scendere e salire le scale dei Tribunali non per avere rubato ma per avere “diffamato” una potente per mezzo di dichiarazioni oggetto di elaborazione politica, di approfondimenti, di convincimenti. Alla umiliazione di non avere avuto la capacità insieme a tanti altri di porre fine ad una vicenda diventata il paradigma di un territorio da sempre zona franca, terra di nessuno. Mi misi, quasi spinto dalla forza della disperazione, a cantare: ”Meno male che Silvio c’è” come quando da ragazzi cantavamo "Volare" quale inno alla librazione nell'aria, alla liberazione, alla fine di ogni pena. Poi pensai più approfonditamente e mi convinsi che avrei dovuto chiamare quei quattro sciagurati che come me ancora credono che lo scontro con l’economia forte è possibile vincerlo perché siamo nel giusto anche se abbiamo constatato che non è cosa di poco conto. Con gli altri ci incontrammo alla foce del Nocella davanti una montagna di fango che si sversa ininterrottamente dentro il mare che diventa sempre più "color del vino". E tutti insieme, dimenticando Silvio, cantammo: “Meno male che Salvo c’è”.

Toti Costanzo

mercoledì 27 gennaio 2010

PER VINCERE "L'IMPOTENZA" DI LO BIUNDO? CI VUOLE ANCHE UN TOTAL ORGANIC CARBON !

Volano gli stracci. Preso da sacro furore ambientalista il Sindaco Lo Biundo non appena viene informato che il TOC (Total Organic Carbon) cioè il dispositivo che dovrebbe stabilmente verificare la qualità delle acque di lavorazione della distilleria e che si immettono dentro il torrente Puddastri, non è in funzione perché guasto, tuona contro l’ufficio che si occupa di tutela ambientale. Seduta stante chiede una relazione sulle ragioni del guasto e chiede anche le dovute giustificazioni, affida la materia al Direttore generale e dà tutto alle stampe perché si sappia che lui sulla questione non intende arretrare di un centimetro rispetto agli impegni assunti con gli ambientalisti alcuni giorni or sono. Peccato che poi si scopre come la titolare della distilleria non abbia alcun obbligo di collocazione del congegno e l’ha voluto fare per eccesso di zelo nei confronti del Comune. Ma la soddisfazione per quest’attivismo inusitato in un persona come Lo Biundo che ha dichiarato in tivvù coram populo di “essere impotente sulla questione della distilleria” fa sorgere in noi malpensanti e che non ci accontentiamo della parole ma dei fatti, qualche sospetto. E cioè addossare agli uffici le responsabilità e, come Pilato, cercare di lavarsi le mani. Un'arte millenaria su cui si sono forgiati fior di governanti di quarto ed anche quinto livello. Cosa diversa è manifestare concretamente con i fatti come della questione distilleria Lo Biundo s’intenda occupare. Ad esempio: perché il TOC – come fu sempre chiesto ai tempi di Motisi - continua ad essere collocato all’interno e non all’esterno della distilleria? Ciò consentirebbe al Comune, IN OGNI ISTANTE, di verificarne la funzionalità. E poi, ci vuole spiegare le ragioni per cui non è intervenuto per obbligare, durante la vendemmia, che le vinacce venissero ben stoccate a regola d’arte e dunque protette e non, invece, lasciate sostanzialmente all’aperto come era sempre avvenuto nel passato? E ci dice le ragioni per cui ancora ad oggi la parte finale della condotta di scarico che sversa i reflui nel Puddastri non sia stata sollevata e quindi messa nella condizione di essere SEMPRE LEGGIBILE evitando di venire sommersa dalle acque torrenziali abbondanti soprattutto durante l’inverno? E non era, questa, una delle richieste pressanti che gli ambientalisti, attraverso Tele Jato, fecero in maniera pressante alla Giunta Motisi senza riceverne, però, mai alcuna risposta?
Sulla puzza abbiamo detto in un precedente post qual'é il pensiero di Lo Biundo. Per lui, tutore della salute dei cittadini, la puzza maleodorante, che i Sindaci più attenti stroncano con le ordinanze, non costituisce un problema. E quì bisogna dare ragione a Pino Maniaci quando invitava i cittadini a denunciare oltre che la distilleria anche Lo Biundo il quale, detto tra noi, “s’à scotula” ritenendo che quello non sia suo compito. E allora appare del tutto evidente che il Sindaco sostenuto dai suoi legali, quelli che ha ereditato da Motisi a pagamento e quelli che hanno sostenuto la sua elezione, approfondisca meglio i suoi compiti in materia di emanazione di ordinanze contingibili ed urgenti ponendo fine ad un processo negativo provocato dai fumi maleodoranti che, in alcuni giorni, diventano insopportabili.
Se non lo fa chiederei di sapere in che cosa Lo Biundo si distinguerebbe da Giordano e da Motisi. Dal fatto d’essere più giovane ed innegabilmente anche più belloccio? Ma noi abbiamo bisogno di governanti e non certo di modelli per sfilate di moda.
Ultima annotazione: c’è qualcuno che riesce a spiegarci il ruolo dell’Assessore al Territorio Vito D’Amico (oltre quello di perseguire caparbiamente la realizzazione della Policentro dopo averla osteggiata) sulla “questione “ Bertolino e, specificatamente, sui problemi urbanistici e di tutela ambientale? Ci dice, per favore, ad esempio, a che punto è il progetto di discarica per inerti in località “Ponte finocchio” in quel di Alcamo? E cosa intende farne dell’area antistante il cimitero (lato ovest) che annualmente l’1 e il 2 novembre, con il consenso degli attuali amministratori, si trasforma in parcheggio abusivo a pagamento ed ora ritornato a pascolo, sempre abusivo, per i soliti cavalli da soma e da corsa? E l’area di proprietà comunale della terza zona PEEP contigua alla scuola materna? E ci dice qualcosa sul traliccio collocato dentro l’area di parcheggio annesso al Cimitero (cioé area di INEDIFICABILITA' ASSOLUTA) ed entrato in abusiva attività all’atto dell’insediamento di questa Giunta?
Per favore, fermiamoci per evitare di costringerli a pensare più di quanto possano. Tanto d' agire non se ne parla nemmeno.
Toti Costanzo

martedì 26 gennaio 2010

LA POLICENTRO: UNA STORIA EMBLEMATICA DI UNA SICILIA GRAVEMENTE MALATA

Oggi alle ore 12,30 il sindaco di Partinico ha convocato un incontro con consiglieri comunali, sindacati, partiti politici e altri soggetti con all'ordine del giorno una discussione sulla eventuale realizzazione della Policentro.

La vicenda, come é noto, ha una storia lunga 10 anni e sulla quale si sono avuti scontri forti all'interno della nostra comunità, infrante alleanze politiche, imbastite polemiche e "tragedie", scoperti interessi della mafia ed altro ancora. Ne' sulla vicenda un pezzo della macchina amministrativa fu rigorosamente legato ai processi di legalità. Al contrario.

Su Sala Rossa è possibile visionare un dossier che sulla vicenda ha pubblicato il nostro Partito.

Assolutamente coerente, da sempre, la posizione politica di Rifondazione Comunista rispetto ad altre che hanno oscillato tra il "si", il "no", e il "ni". A dimostrazione di come la "politica" possa anche essere subordinata ad interessi economici "forti" che hanno sempre avuto il predominio nei nostri territori. Una Sicilia gravemente malata e, oggi, nelle mani di forze che dall'esercizio della stessa intendono ottenere vantaggi personali e di gruppo, interessati "agli affari", subordinati a volte anche alla prepotenza mafiosa.

Pubblichiamo un primo documento inviato al segretario generale e al sindaco di Partinico in data 26 novembre 2006 cui fece seguito una relazione degli uffici.

Noi abbiamo contestato con argomentazioni tecnico-giuridiche quella relazione inviandone una seconda più puntuale ed articolata nel gennaio 2007 e che riportiamo.

Appare abbastanza evidente che alla seconda nostra puntuale, articolata, argomentata relazione, ovviamente, non rispose mai nessuno. Né ci saranno gruppi politici o consiglieri comunali disinteressati che la vorranno fare propria chiedendo all'attuale sindaco conto e ragione di quel che è accaduto convinti come siamo che la maggioranza, e in buona parte anche l'opposizione, intendano agevolare un processo che noi abbiamo tentato di ostacolare. E ciò a difesa della storia economica del nostro territorio e soprattutto di un tessuto commerciale costruito ed inserito fisicamente nelle pieghe urbanistiche della nostra società partinicese.

Noi la riproponiamo e la affidiamo alla lettura di quanti abbiano voglia di capire cosa è stato ed il nostro comune, la classe dirigente di ieri e di oggi, i suoi funzionari, gli interessi che ruotano e che si coltivano, il ruolo dell'economia che non produce ma saccheggia risorse.



sabato 23 gennaio 2010

I MANDERINI DELL'AVVOCATO PALAZZOLO E GLI ORGASMI DELL'AMBIENTALISTA LO BIUNDO

Dopo la pausa di alcuni giorni un paio di considerazioni .

Credo sia risaputo che il Presidente del CdA dell’ATO rifiuti Palermo1, l’avvocato Giacomo Palazzolo, sia anche Direttore Generale della GESIP di Palermo società, come è noto, tutta a carico del bilancio del Comune e che nel tempo, col più rigoroso sistema spartitorio e clientilare, ha assunto oltre due mila dipendenti che dovrebbero svolgere i più disparati servizi. Qualcuno sostiene che anche l’utilizzo di una sola parte di questo personale in maniera rigorosa e seria rivolterebbe come un calzino la città di Palermo. E’ un pò quello che avrebbe dovuto capitare a Partinico se questa Amministrazione comunale avesse manifestato il coraggio che non ha e cioé di utilizzare TUTTO il personale di cui dispone per le ragioni per cui è stato assunto. E invece la GESIP accumula soltanto deficit, la città non si vede “lustru” anche perché a guidarla sono sempre i soliti trombati della politica. Ad esempio l’attuale Presidente del C.d.A. della Gesip è tal Pippo Enea meglio noto quale portaborse di Totò Cuffaro quand’era Presidente della Regione, utilizzato poi nella Giunta Cammarata come Assessore ed ora chiamato a dirigere questo (uno dei tantissimi) carrozzone clientilare costruito dalla straordinaria fantasia dei vecchi democristiani, oggi sotto mentite spoglie nei Partiti più disparati, che nel creare assunzioni di moltitudini di precari col saccheggio delle risorse pubbliche non hanno eguali in tutto il mondo. Dunque l’Avvocato Palazzolo Giacomo dopo essere stato investito, recentemente, dalla magistratura anche per la bufera di un dipendente che gestiva la barca del Sindaco Cammarata e che, quindi, non andava a lavorare percependo, però, lo stipendio dalla Società, si è trovato al centro di un’altra vicenda. Una vicenda per la quale ho tifato per lui e dirò perché.
Bisogna sapere che tra i compiti dei lavoratori della GESIP pare ci sia anche quello di raccogliere i manderini nei terreni del Parco della Favorita e in altre proprietà comunali in quanto confiscati alla mafia. Evidentemente non avendo il Comune tra le sue finalità quello della commercializzazione dei prodotti della terra, i manderini sono sempre stati raccolti e distribuiti a Istituti di beneficenza della città. Sicuramente una nobilissima iniziativa. Ma quest’anno succede - riferisce la stampa- che i lavoratori della Gesip non hanno inteso fare i raccoglitori e dunque hanno iniziato una protesta. Loro sostengono che quelle competenze non rientrano nel loro contratto di lavoro mentre, al contrario, l’avvocato Palazzo che di legge s'intende é di parere contrario per cui appronta una circolare, la invia ai lavoratori ricordando loro che il contratto di servizio prevede anche questa attività. A questo punto il Presidente Enea, da buon democristiano piuttosto che sostenere l’iniziativa del Direttore sentendosi scavalcato da Palazzolo ma soprattutto non volendosi alienare il rapporto oltre che il voto di quei lavoratori (esattamente quel che fa Lo Biundo), si arrabbia mentre l’Assessore al ramo cerca di mettere, come si suol dire, una pezza. Io non so come è andata a finire la questione. Probabilmente i manderini saranno stati raccolti e distribuiti. Tuttavia mi sentirei di suggerire al Sindaco di Partinico: perché non assumi l’Avvocato (al quale, comunque, bisogna mantenere e l’incarico di Direttore della GESIP oltre che Presidente dell’Ato rifiuti in ragione dei risultati eccellenti che ha sempre conseguito nell’uno e nell’altro campo) quale DIRIGENTE ESTERNO ESPERTO COLTIVATORE con lo scopo di sostenere nel suo ineffabile ruolo di Assessore, Vito D’amico, che s’intende di agricoltura come il sottoscritto di ingegneria nucleare? Sono sicuro che l’Avvocato ai dipendenti comunali avrebbe fatto raccogliere innanzitutto le olive dell’albero piazzato davanti il Municipio e poi quelle che crescono nella zona di Mirto. E insieme alle olive anche i limoni che si ostinano a crescere spontaneamente su alcuni beni confiscati alla mafia di cui si occupa con grande determinazione, competenza ed anche amore (sic!) l’Assessore al ramo, Caterina Panzavecchia.
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Il Sindaco Lo Biundo, dopo avere con atto magnanimo concesso al Patto per la salute e l'ambiente “Nino Amato" il prefabbricato-catorcio collocato nei pressi dello scarico della distilleria nel Puddastri, in un momento di esaltazione e di orgasmo ambientalista e preso dal ruolo che intenderebbe svolgere in tutta la vicenda della distilleria (così come -dice lui - altri non hanno fatto nel passato) mandando in solluchero non solo Pino Maniaci ma gli amici del Patto, ha dichiarato con una certa enfasi che quanto prima la Provincia dislocherà sul nostro territorio le centraline per verificare il livello di inquinamento dell’aria. Ovvio l'attigghiu di Vincenzone Di Trapani che si era speso per la stessa ragione sostenuto, ovviamente, dai giovani della "Giovane Italia”, associazione politica che fa riferimento al Pdl che a Partinico pare che non esista organizzativamente più. Ora nessuno più di noi è convinto che le centraline siano una buona cosa e collocarle è sicuramente anche giusto. Mi chiedo: ma che c’entra la collocazione delle centraline con la puzza maleodorante che proviene quotidianamente dai camini della distilleria la quale potrebbe anche non essere inquinante, tuttavia é fortemente molesta? E non é per questo che sono state raccolte, nuovamente e di recente, alcune migliaia di firme di denuncia? Tele Jato ci ha informati di una sentenza emessa non ricordo da quale organismo che consente ai Sindaci di intervenire con la chiusura della fonte che le molestie provocano. E Lo Biundo da garantista oltre he da ambientalista, ha provveduto alla chiusura? No, Lo Biundo, anzi, ebbe a dichiarare grosso modo così: "ma che c’entra la puzza? E allora se a Partinico si diffondesse puzza provocata da una industria che produce caffè che dovrei fare? Dovrei farla chiudere? Capite l’amico frizzi che idea ha del suo ruolo in materia ambientale e in specie sulla "questione Bertolino"?
Ma per non lasciare incompleto il ragionamento, in questi giorni ci occuperemo del TOC, del ruolo dei dipendenti comunali addetti alla tutela dell’ambiente e, soprattutto, non delle responsabilità dell'Assessore all'Ambiente che, pare, sia in via d'uscita quanto dell'ambientalista Lo Biundo, Sindaco di Partinico nel ruolo di tutore della salute dei cittadini. Ed, ovviamente, anche di Policentro.
Toti Costanzo

venerdì 15 gennaio 2010

MARTEDI' 12 AL PALAZZO DEI CARMELITANI, BARTOLO PARRINO....

I ciclici impedimenti provocati dal non funzionamento del computer hanno interrotto, per alcuni giorni, un proficuo colloquio con i nostri lettori con i quali e su particolari questioni, intratteniamo un interessante dialogo su Sala Rossa .

Riprendiamo, dunque, da dove abbiamo interrotto occupandoci di una iniziativa che ha avuto luogo nel pomeriggio di Martedì 12 c.m. presso il Palazzo dei Carmelitani. Gli incontri settimanali avvengono in una sala sotto i portici e che, per molti di noi che abbiamo frequentato la scuola media negli anni ’50, fu la sede della palestra per le attività motorie. Quel luogo vide protagonisti, ciascuno con il suo ruolo, due straordinarie figure che voglio, con l’occasione, ricordare con tanto affetto: il professore Mimì Cannizzo che ci accompagnò, da docente, fino alla conclusione degli studi liceali, e poi un suo stretto collaboratore scolastico che gli faceva da assistente, il “bidello don Nitto Buffa, personaggio eclettico, dinamico, effervescente, che fino alla sua prematura scomparsa è stato anche l’animatore della “fanfara” cioè di quel gruppo di musici improvvisati composto quasi tutti dalle stesse famiglie, Riina e Buffa, che diede i natali al trombettista Totò maestro di Sal Genovese e ai due suoi giovani nipoti, oggi artisti di valori e docenti di musica. Dunque le iniziative culturali che hanno svolgimento nella sala che fu la palestra della scuola del Carmine (in quella palestra dove anch’io iniziai un'allora improvvisata professione di docente di educazione fisica) è diventata centro di incontri. Collocata a piano terra sopperisce alla possibilità che le iniziative abbiano svolgimento al piano superiore reso inaccessibile, però, per l’incapacità di questa Amministrazione comunale che, così come non rende funzionale l’ascensore della Casa di Riposo, non consente per le stesse ragioni di inefficienza la fruizione della sala-convegni al secondo piano del Palazzo. La giustificazione è sempre la stessa ,“Non abbiamo soldi” (la stessa litania hanno recitato per giustificare la non collocazione della toponomastica dedicata a Peppino Impastatao e a Danilo Dolci), per scoprire, poi - come è accaduto oggi seguendo Tele Jato - che si spendono oltre tremila euro per regalare cinquanta agende personalizzate del 2010 a “clienti”, penso io, che qualche vantaggio a questi che oggi amministrano la città, lo porteranno di certo.
Dunque, Martedì 12 c.m. sono stato nell’ex palestra adeguatamente attrezzata a sala convegni, invitato dall’Associazione “’Università della Terza Età “ di cui Presidente è il prof. Masetto Aiello che con una riconosciuta puntigliosità organizza, appunto ogni martedì, una iniziativa culturale (musica, cinema, attualità) alla quale partecipa un folto gruppo di ex insegnanti, ma anche di professionisti o semplici cittadini, che ascoltano e discutono. Il tema dell’incontro era “ La crisi della politica è forse lo specchio della crisi della società?” Il tema, vastissimo, era assai stimolante e per tale ragione ritenni di non dovere mancare. Mi incuriosiva, soprattutto, quel che avrebbe potuto dire, non certo sulle cose generali, l’Assessore Bartolo Parrino che relazionava ma nello specifico in che maniera avrebbe saputo costruire un parallelismo tra la crisi della società in genere e quella partinicese in particolare. E rispondere a qualche interrogativo: può una Giunta, la Giunta Lo Biundo di cui é parte (una Giunta é LO STRUMENTO DEL GOVERNO CHE DISPONE DELLA CAPACITA’ DECISIONALE E QUINDI DI COSTRUIRE O DEMOLIRE) politicamente FRAGILE in quanto composta da un insieme eterogeneo di soggetti assemblati alla bisogna col solo scopo di conquistare e gestire al più il quotidiano, mancante di quel tanto di amalgama politico-culturale che dà identità ed anima, che alimenta la frammentazione, che manifesta disinteresse per i Partiti privilegiando il qualunquismo pseudo-organizzativo delle Liste civiche, svuotando di contenuto gli STRUMENTI DELLA PARTECIPAZIONE, PUO’ ESSA STESSA rappresentare elemento di crescita sociale, capace di attutire la crisi della società, restituendo dignità e valore agli organismi di rappresentanza e dunque anche alla politica? O, al contrario, un governo della città siffatto non rappresenti uno dei tanti strumenti che demoliscono e acuiscono la crisi della società non solo quella nazionale ma soprattutto quella locale dentro cui ogni giorno misuriamo la caduta degli obiettivi “alti” cioè quelli che fanno crescere, in contemporanea, non solo i soggetti che il governo locale e la Istituzione comunale guidano, ma il complesso della società in cui siamo immersi? Martedì 12 era, dunque, l’occasione non solo per analizzare “i mali” della società nazionale cosa che Parrino, in verità, ha egregiamente fatto (berlusconismo, condizionamento dell’informazione, asservimento della magistratura, razzismo e xenofobia, precarietà del lavoro, mortificazione della solidarietà) che hanno l’effetto devastante di mettere in crisi i valori su cui si fonda una società democratica che nasce dalla Resistenza al Fascismo e si fonda sul dettato della Costituzione, ma era anche l’occasione per una profonda, seria, autocritica da utilizzare quale volontà manifesta per iniziare convincenti processi di cambiamento. L’Assessore Parrino, al contrario, ci informava ovviamente della mancanza di risorse, del vandalismo indiscutibilmente esistente, della crisi della scuola locale ma, soprattutto, di come OGNI GIORNO il Sindaco e la Giunta incontravano i cittadini che, in tal modo PARTECIPAVANO ALLE SCELTE divenendo essi stessi protagonisti (sic!). Tutto ciò, ovviamente, per dare onore al principio sostanziale su cui si fonda la democrazia e, dunque, contribuire alla crescita della società e contenere la sua grave crisi di cui Lo Biundo e compagni si sarebbero fatti carico. Più democratici di così! Per l'assessore Parrino, dunque, la crisi della nostra società locale, delle sue rappresentanze politico-istituzionali non si può loro addebitare. Cioé non si possono addebitare loro gli abusivismi tollerati, l'illegalità da loro sponsorizzata, la nascita sconsiderata e devastante dei centri commerciali ai quali non si oppongono, le aree pubbliche abbandonate di proposito e in dispregio di ogni regola, la sporcizia diffusa ma profumatamente pagata dai cittadini da loro sottoposti a vessazione, le scuole insicure, le strade dissestate, l'acqua privatizzata, la disoccupazione alle stelle, la diffusione della droga, la privatizzazione di piazze, gli invasi a rischio, i ceti poveri sempre più consistenti e le clientele sempre più platealmente sfacciate. Quei mali, cioé, che provocano, assoluta disaffezione nei confronti delle istituzioni e conseguenziale crisi della nostra società locale in tutte le sue articolazioni. Era, dunque, l'occasione per metterli a nudo e dire con umiltà come si vuole rispondere e con quali strumenti.
Quella di Martedì 12 fu, allora, un’occasione mancata? Lascio ai lettori la possibilità di una risposta.

Toti Costanzo

sabato 9 gennaio 2010

ODDIO, CHI NON MUORE SI RIVEDE: RINASCE LA DC

Io penso che sono tanti quelli che avendo vissuto l’esperienza politica durante la cosiddetta prima repubblica, si chiederanno, come me lo chiedo io, se la DC sia mai morta cioè estinta definitivamente sotto i colpi inferti dalla magistratura nel lontano 1992/93 a causa dell’esasperata corruzione di una classe politica dirigente che aveva superato tutti i limiti della decenza e fondava, negli anni ’80, la sua forza ed esistenza, nell’asse DC-PSI di Craxi. Appare evidente che la Dc come Partito - cioè come organizzazione di soggetti che operavano e decidevano attraverso una struttura verticale oltre che quelle orizzontali diffuse sul territorio nazionale, con soggetti rappresentativi negli Enti locali, nell’associazionismo, nel sindacato, nei consigli di amministrazione - NON ESISTE PIU’DA TEMPO. Ma non per questo si è estinto il “SISTEMA DEMOCRISTIANO”. Un sistema costruito sulle “correnti”, un insieme di soggetti con una ispirazione, un definizione, una struttura organizzativa comune i quali solidarizzavano, anche temporaneamente tra di loro, essendo però questa struttura permeabile alle adesioni e alle transfugazioni. Cioè la corrente altro non era se non un insieme di individui diffusi nazionalmente che si appropriavano di una parte del Partito e costruivano tra di loro un sodalizio con lo scopo di gestire un pezzo del potere che si identificava con le istituzioni, luoghi delle decisioni e soprattutto della gestione di fiumi di denaro pubblico e della crescita delle clientele. Ciascuna corrente aveva un leader che rappresentava interessi e costruiva carriere. I leaders erano spesso in conflitto per ragioni di leadership ma, alla fine, trovavano sempre un accordo per evitare che la rottura indebolisse l’insieme che, in caso contrario, avrebbe perso prestigio ma soprattutto potere a favore di altri soggetti della politica. Dunque il “sistema” si fondava principalmente sui leaders (nazionali, regionali, provinciali, comunali, rionali) che si contrapponevano per il controllo della macchina-Partito ma non si dividevano mai (NIENTE ROTTURE, NIENTE SCISSIONI, TUTTI INSIEME APPASSIONATAMENTE). E il sistema, ai diversi livelli, ruotava attorno al personaggio di spicco che per avere e distribuire potere doveva NECESSARIAMENTE ricoprire un incarico di prestigio dentro il Comune, la Provincia, la Regione, il Parlamento nazionale cioè proprio all’interno delle Istituzioni. Ovviamente da quel potere politico discendeva, poi, il potere economico ed elettorale sia per il leader che per la corrente. A Partinico, ad esempio, non poteva esistere il potere democristiano che non fosse ruotante attorno alla figura che, di volta in volta, assumeva la leadership all’interno del Partito al quale questa leadership si riconosceva e per mezzo della quale si riusciva a ricoprire importanti incarichi nelle Istituzioni e competere con altri leader di altre correnti. Così si può spiegare il potere decisionale di Pino Avellone nella DC o di Fifì Fiorino nel PSI, e così si spiega come il potere che riceveva Avellone nel suo ruolo di Deputato o Senatore faceva anche crescere il gruppo di riferimento mentre quello stesso potere dava indiretto sostegno ad altri leader locali che, però, facevano riferimento ad altre correnti. La corrente di Avellone era elettoralmente fortissima ma la corrente di Mattarella, ad esempio, aveva a Partinico anche il suo spazio così come quella di Lima o di Gioia o di altri che contavano soprattutto nei Comuni del circondario e cioè su di un ampio bacino elettorale. Ma se così funzionava nei Partiti di Governo così non era nel PCI dove il CENTRALISMO DEMOCRATICO impediva la formazione delle correnti, almeno ufficialmente ed organizzativamente, perché vietato era “il frazionismo” che rappresentava una violazione delle rigorose regole di un sistema fondato sul ruolo e il potere degli organismi e non certo dei singoli soggetti come avveniva negli altri Partiti. Quel “sistema democristiano" durò più di mezzo secolo ed ha lasciato profondissime radici al punto che in questi ultimi anni ridanno vitalità ad una pianta che sembrava estinta.
Morta ufficialmente la DC, trasformato il PCI in altra cosa con la sostanziale cancellazione della sua storia ma soprattutto smantellato il suo sistema organizzativo che lo faceva “un Partito diverso” meno inquinato e permeabile alla corruttela, con una forte selezione dei gruppi dirigenti che si formavano sopratutto dentro le fabbriche e nei luoghi di lavoro e, dunque, con la lotta fonte di rigore morale, QUEL SISTEMA VIENE, OGGI, EREDITATO DAL PD che porta dentro di sé non solo la cultura delle “correnti” e la fine del centralismo ma una parte non indifferente di quadri democristiani che hanno fatto il paio con gli eredi della Bolognina cioè di coloro i quali vollero la definitiva trasformazione organizzativa del PCI che diventa, così, un Partito “borghese” alla stregua dei vecchi Partiti della Prima Repubblica. Dunque, c’è il Gruppo che si rifà a Mattarella, quello che sostiene Cracolici, l’altro che vuole Lumia o Crisafulli, o Cardinale o tanti e tanti altri piccoli leader che hanno ridato vita alle correnti, alla frammentazione, alle piramidi organizzative, alle leadership, alla conquista del potere, dei soldi, dell’avanzamento, del cambiamento della propria condizione sociale.
RINASCE DUNQUE LA DC (e lo vediamo in questi giorni) e dalle sue ceneri come l’araba fenice, e rinasce soprattutto LA SUA CULTURA, I SUOI SISTEMI ORGANIZZATIVI E SPARTITORI, ANCHE BUONA PARTE DEGLI STESSI PERSONAGGI. CIOE’ IL PEGGIO CHE UNA DEMOCRAZIA POSSA PRODURRE. Ed oggi, proprio per questo e come non mai, vi è un forte bisogno di SINISTRA.

Toti Costanzo

mercoledì 6 gennaio 2010

ASPETTANDO I "CANNOLA" DI CRACOLICI

Una nota scritta dall’on. Cracolici, capogruppo del PD all’Assemblea regionale siciliana e pubblicata dal Giornale di Sicilia di Domenica 3 gennaio sulla quale ritornerò, risulta abbastanza illuminante per conoscere uno dei personaggio della “politica” siciliana per mezzo del quale avere una chiave di lettura di quel che sta avvenendo nella nostra Regione oggi. Un personaggio che nella sua lunga scalata al “potere” ha usato sempre la stesse qualità dove eccelle, cioè il cinismo (lo usò a Partinico durante la crisi che portò alla sfiducia di Gigia Cannizzo), accompagnato da una certa dose di spregiudicatezza da fare invidia ai tanti residuati della vecchia DC ancora circolanti, in stato di continua allerta e in servizio permanente, che si sono acquattati soprattutto all’interno di formazioni politiche del centro e centro destra siciliano, oltre naturalmente nel PD, dentro cui continuano ad esercitare il mestiere di indefessi scalatori di potere e soldi, senza se e senza ma. Ma per quanti fossero interessati a conoscere più approfonditamente l’itinerario politico che ha dato sempre sostanza alla “cultura strategica di conquista del potere a qualunque costo”, dell’on. Cracolici che con qualche variante dovuta ai cambi d’epoca risulta sempre coerente con se stessa, vi rinvio ad eventuali testimonianze di alcuni ex comunisti come Gianni Parisi, Mimì Bacchi, Gigi Colombo, Vito Lo Monaco, Italo Tripi e fratelli ed anche altri. Costoro, se lo volessero, vi potrebbero raccontare di un gruppo di “giovani” spregiudicati, tutti cresciuti dentro la FGCI di Palermo, che all’inizio degli anni ’90 diedero la scalata alla Federazione provinciale. Cioè diedero la scalata all’organismo del Partito che avrebbe consentito loro di diventare “potere dirigente ” e dunque decisionale sopratutto delle candidature e relative elezioni nei diversi livelli istituzionali considerato che ancora allora, a decidere, “era il Partito” cioè chi aveva saldamente nelle mani il governo dello stesso. Ma per arrivare a questo, appunto all’inizio degli anni ’90, bisognava costruire una strategia che si fondava: 1) sulla criminalizzazione e la conseguente messa in minoranza dentro il Comitato federale dei cosidetti “miglioristi” cioè un’area moderata ma forte (l’area guidata anche dall’attuale Presidente Napolitano) la quale aveva in mano soprattutto la CGIL oltre che la Lega delle Cooperative che una orchestrata campagna di stampa voleva coinvolta, addirittura, nell’assassinio di Pio La Torre; 2) l’alleanza con Leoluca Orlando, allora Sindaco di Palermo, ma in aperto scontro aspro e pubblico con la DC di Ciacimino e compagni che chiedeva il sostegno del PCI-PDS, sostegno che la componente migliorista non intendeva dare in virtù del fatto che Orlando criticava ma si guardava bene dal’uscire dalla DC; 3) l’alleanza, all’interno del Comitato federale anche di un’area di “sinistra” del Partito collegata ad Orlando e che faceva riferimento ad Arcuri (che di Orlando fu poi vice) e all’avvocato Gervasi. L’operazione andò in porto: Zanna un fedelissimo di Cracolici, con la violazione dello Statuto del Partito cioè con 51 voti su oltre 250 dei membri del Comitato federale, diventò Segretario provinciale mentre Orlando veniva così sostenuto nel disegno di costruirsi un percorso che lo portò, poi, a creare la Rete e ad essere eletto al Parlamento nazionale. Ovviamente col sostegno di Zanna e Cracolici ed anche di un altro fedelissimo, Costantino Garraffa, eletto a tutt’oggi senatore. Dunque, allora, la situazione si presentava così: un Sindaco democristiano che governava una città importante ma alla conquista di un forte potere personale per rafforzare il quale aveva necessità di farsi sostenere da un Partito come quello che si definiva ancora “comunista” e cioé carico di considerazione e attrazione di ceti popolari ed anche intellettuali; un’area interna al PCI-PDS, il più forte Partito di opposizione ed alternativo alla DC, che intese al contrario, sostenerlo; un’area sempre interna al PCI-PDS che poi divenne organica alla Rete di Orlando seguendolo in quella strategia di conquista. Alla fine di quel processo il protagonista restò l’on. Orlando mentre il Partito si lacerava, si divideva, diveniva solo PDS e nelle elezioni siciliane successiva veniva sonoramente sconfitto a dimostrazione del fallimento di quella strategia. Da quelle macerie, però, si salvò soltanto proprio Cracolici mentre tutti gli altri, compreso Zanna, Arcuri, Gervasi ed altri scomparivano dalla scena politica istituzionale.
La situazione di oggi presenta una straordinaria analogia con quella che si profilò a Palermo in quegli anni. C’è un Presidente SEMPRE DEMOCRISTIANO, Lombardo, che per mantenere il potere attraverso il governo della Sicilia, anche se in tandem con Micciché, maschera il tutto sventolando la bandiera della AUTONOMIA siciliana; ci dovrebbe essere un ipotetico Partito del Sud caldeggiato, da Micciché che in questa operazione ha spaccato verticalmente il PdL e dall’altro dal PD, garante Cracolici, il quale comprende, però, come gli sarà difficile vincere definitivamente questa battaglia per il potere avendo di traverso, dentro il PD, non solo l’on. Borsellino ma un pezzo di quel Partito fatto di "vecchi" ed esperti democristiani con a capo il senatore Bianco ed anche Burtone. Dunque è necessario, pensa Cracolici, che in caso di ostacoli posti da quelli che “sanno dire solo no” anche “a sinistra” nasca un Movimento autonomista guidato, ovviamente da lui che ha già dalla sua parte un buon numero di deputati regionali che il potere lo vogliono qui' ed ora. E, intanto, per "nobilitare " l'operazione e convincere pezzi del PD ancora ad oggi restii agli inciuci, scrive a Giornale di Sicilia del 3 gennaio per illustrare “le ragioni del consenso a Lombardo” e “l’opportunità di gestire il cambiamento”. Infatti che dice Cracolici? Scrive, ad esempio, che il Presidente (Lombardo) “ha rescisso il cordone ombelicale con la sua vecchia maggioranza”. E tu pensi subito come questo sia un falso clamoroso considerato che i deputati e senatori dell’MPA, il Partito di Lombardo, nel Parlamento nazionale VOTANO TUTTI I PROVVEDIMENTI DEL GOVERNO BERLUSCONI, compresi quelli che danneggiano la nostra Regione. Scrive ancora Cracolici che questa scelta serve alla Sicilia per fare le RIFORME. Allora tu ti chiedi se per fare le riforme sia necessario un accordo ipocrita, sottobanco, un inciucio di tal fatta che consente, però, a questo spezzone del PD controllato da Cracolici di avere nella Giunta Lombardo delle personalità notoriamente vicine a quel Partito come Centorrino e, prima di lui, Venturi e la Chinnici. La verità è che tu puoi stare all’opposizione restando alternativo a Lombardo. Si può stare all’opposizione di un Governo ma votare tutti quei provvedimenti che servono alla Sicilia senza per questo procedere con accordi indecorosi. Perché i casi sono due : o Lombardo è un democratico che vuole le riforme cioè fare gli interessi del popolo siciliano e allora presenta questi provvedimenti in aula e chiede il sostegno anche alle forze democratiche di opposizione CHE NON GLIELO POSSONO NEGARE, oppure (ed è quello che pensiamo anche noi) la verità è che NON LE RIFORME vogliono Lombardo e quanti girano attorno al governo della Regione nelle forme più disparate, MA LA COSTRUZIONE DI UN NUOVO BLOCCO DI POTERE dentro il quale, però, da protagonisti restano, insieme a Lombardo, Micciché, Dell’Utri, i loro interessi, e soprattutto gli interessi del Presidente del Consiglio in Sicilia che si è guardato bene dal dissentire da questa “operazione”. La storia della nostra Sicilia è piena di queste azioni trasformistiche e mistificatorie ed è soprattutto ancora piena di “democristiani” alla Lombardo, Micciché, Dell’Utri, Cracolici e compagnia che parlano di riforme e pensano ,tanto per fare un banale esempio, come assegnare i fondi per le attività culturali in Sicilia. Cioé con il solito, miserabile vecchio sistema clientilare di sempre.
E, dunque, IL CAMBIAMENTO dovrebbe realizzarsi in Sicilia con un insieme di transfughi provenienti tutti da formazioni diverse ma passati con Lombardo il quale rappresenta un contenitore dentro il quale si sono immersi gli umori e gli interessi di una classe di piccoli, medi ed anche di grandi potenti provenienti non solo dalla politica ma da altre componenti la nostra società, compresa la mafia degli affari e dei “colletti bianchi” con lo scopo di soddisfare le voglie di “potere” che in Sicilia più che altrove trova possibilità di concretizzarsi e che non si sono mai sopite. Con Lombardo passando, però, da Gianfranco Micciché il pupillo di Berlusconi e Dell’Utri condannato in primo grado a nove anni perché inquinato dalla mafia. Sono questi "i cannola" che Cracolici vorrebbe far mangiare al popolo siciliano spacciandoli COME "CAMBIAMENTO".

Toti Costanzo

domenica 3 gennaio 2010

CRONACA DI UN FLOP, COSI' FLOP, CHE PIU' FLOP NON SI PUO'

Sal, è cosa nota, sarebbe un pacifico per natura seppur con una dose non irrilevante di testardaggine per cui a volte prende, come si suole dire, fischi per fiaschi con l’accucchiu di tante di quelle malafiura che per contarle, soprattutto da quando è sindaco, ci vorrebbe un pallottoliere del tipo che soleva usare Mike Bongiorno in quel gioco in cui si cantava in coro “Domenica è sempre domenica”. Ma quella del 31 rimarrà alla storia. Alle 23,50, e dunque molto prima che partissero i colorati e rumorosi tric-trac che dovevano essere sparati in piazza Duomo per accogliere il nuovo anno, da dietro la fontana ottu cannola partirono una serie di pernacchie in direzione di quei quattro gatti che mestamente stazionavano davanti e dietro un tavolo posto al centro piazza in attesa dell’evento. Facce nere, volti tirati, spaesati dentro una piazza vuota che diventava sempre più enorme e loro sempre più piccoli. Accanto al tavolo, ma a debita distanza, la benevole quanto imbarazzata presenza di quattro rappresentanti delle forze dell’ordine che avrebbero dovuto, nelle intenzioni, vigilare su di una piazza che si sperava piena ad uovo. Alla vista della telecamera di Pinuzzu, fecero i disinvolti voltando le spalle per non farsi immortalare e restare quali quasi soli testimoni di un flop, ma di flop così flop che più flop non si può. Dietro il tavolo e con le spalle rivolte al palco Sal, non da solo (ma chi glielo fece fare gentilissima signora!) e poi Bart che, mesto, aveva già partecipato in prima serata al concerto di fine anno in una chiesa locale e collocato a casciuni in prima fila. Solo soletto era, e per di più, con l’ingrata compagnia di un Vincenzone che a queste cerimonie non manca mai convinto che il suo ruolo sia oramai quello di presenziare come ha sempre fatto il suo maestro prezzemolino che da quando, però, è ritornato all’opposizione, scacau comu na’ strummula. Bart ausiliato dù figghiu di Mimiddu facchinedda, notoriamente presente con tutta la numerosa prole unni si mancia a sbafo e che doveva dare il via allo stappo al momento propizio, aveva un volto tirato e bianco come se un colata di cerone l'avesse investito. Sul tavolo alcune bottiglie di spumante siciliano i cui tappi dovevano esplodere in contemporanea proprio alle 12 in punto al grido e in coro di “‘a facci di puvureddi e di cunni voli mali” a significare il raggiungimento dell’apoteosi e alla presenza - aveva assicurato Bart nell’invitare i cittadini alla partecipazione usando le solite parole mammalucchine di circostanza - di un popolo osannante che per essere presente avrebbe sfidato, il tempo, le consuetudini, le pernacchie, i trunza di vrocculi, e perfino il malocchio di quei quattro che in Consiglio spadaccinavano a destra e a manca senza dare tregua sbaragliando, sistematicamente, il caravanserraglio di una maggioranza che si squaglia ai primi trona, come neve al sole. Quello stesso popolo che avrebbe dovuto precipitarsi in piazza per una gratuita sbafatoria dimenticando i guai dù linu dovuti a tasse e balzelli a tinchitè che Sal, con la complicità di Lui, Lei, Lei e gli Altri, e con l'ausilio della Serit sucasangu aveva distribuito a piene mani alla faccia del cacio cavallo e che si chiamavano: bollette da munnizza, caterva di euro da pagare come arretrati di un decennio di acqua, bollo auto e assicurazione macchina, luce, gas, canone tivvù e perfino la nuova imposta denominata “a produzione du’ fumu da cannila”, ultima trovata dell’Allegra Brigata con lo scopo di fare cassa e pagare arretrati, ammennicoli, assunzioni, integrazioni, avanzamenti di carriera, cambi di qualifica, straordinari, viaggi della speranza a Bruxelles e dintorni, debiti pregressi, debiti da contrarsi, acquisto di pannoloni per i dipendenti comunali già vicini alla pensione oltre che un meccano che, azionato, avrebbe fatto sentire la voce di Sal che dava il buongiorno ai “suoi” dipendenti, a Bart che rivolgendosi a Sal gli cantava “Oh main papa”, mentre Jhonny elencava, ringraziandoli, le mirabilia di quelli della manutenzione (Aspanu, Totò, Cicciu, Ninuzzu e Michilinu) e le strabilianti cose di cui erano capaci ora ma incapaci prima che arrivasse Lui. Dunque Sal veniva rassicurato che la cosa si poteva fare e che il popolo, dimenticando i guai quotidiani, sarebbe stato presente e in massa in piazza alla faccia di Renzuzzu e per mettere finalmente i partinicoti in linea con i vicini della città di PapaniaPapania, ScalaPapania, FerraraPapania, GucciardiPapania, perfino TuranoPapania e che Pinuzzu tiggej, alla faccia di pizzi e pizzetti e forse esagerando, aveva definito la Svizzera d’Italia durante la meteora Peppone che non ebbe neppure il tempo di assittarisi e nni squagghiau come dda cosa da’ zza’ Bittidda. Dunque, disse Bart, che tutto era a posto: il tavolo collocato, Facchinedda pronto, ’u parcu dove si sarebbero esibiti fino al sorgere del sole e durante tutta quella lunga, esaltante notte non solo Elton John, ma Bocelli e Laura Pausini, è cunsatu. Una strabiliante notte (altro che notte bianca!) doveva essere e restare nella memoria e che avrebbe dovuto sancire, dopo quasi due anni di duro lavoro, finalmente il ruolo di statista di Sal, di Bart quale coeforo, di Jhonny quale responsabile della protezione civile al posto di Bertolaso, di Nardo quale allenatore della squadra dei papanzichi ex dipendenti comunali quando avrebbe DI SUA SPONTANEA VOLONTA’ (curnutu a ccu’nun ci criri!) lasciato l’Assessorato prestigiosamente diretto fino a quel punto, mentre Kate momentaneamente assente (così come Antonellina dileguatasi forse fiutando la cosa) aveva inviato un telegramma da Rio con la scritta: ”Qui la festa è in pieno svolgimento, stop. Scambiata per hawaiana, ballo e ‘u menu cà pensu a vuatri, stop. Quasi quasi me la penso e non ritorno più, stop. Hasta la vista siempre, Kate.” Non si attese lo scoccare delle lancette della fatidica mezzanotte perché facchinedda ebbe l’ordine di stappare lo spumante, mentre due volontari diedero fuoco alle micce e gli ausiliari del traffico spegnevano il solitario semaforo che segna rosso stabile come le casse comunali. Mentre scoppiava il frastuono avvolta, però, paradossalmente dal mortale silenzio dell’assenza si sentirono dei ripetuti, prolungati guaiti che proveniva da dietro il palco. Nel tramestio si intravide, seppur nella penombra, una gamba distesa al cui piede colpiva a fondo e ripetutamente un deterano. Poi comparve lui che sembrava una furia scatenata, un vulcano in eruzione, un mare in tempesta e la chioma al vento. A suon di calci nel sedere e poderose scorce di collo scomparvero lui dietro e l’altro avanti nel buio della stradina attigua alla piazza che una volta portava all’albergo Pinetti con in coda lo zio Crispi che cù a runca mmanu inseguiva pure lui il malcapitato. La voce adirata era chiara: “Dimmi dov’è il mio popolo, dimmi dove sono le mie schiere di affezionati elettori. Quoque tu, Bart, mi tradisci? Io che ti ho strappato all’oblio, spuvulazzatu, sottratto dalle grinfie dei tuoi persecutori. E ora cu ccià porta stà notizia ad Antonello?” Furono le ultime parole che si udirono. Mentre i quattro militari si allontanavano alla chetichella, facchinedda racimolava due bottiglie e tre panettoncini e il gruppo dei giovani musicisti, dopo aver raccolto gli strumenti, si dileguò in direzione di Piazza Verdi. Dalla lontana Svizzera d’Italia arrivavano le note dell’Inno di Mameli e le grida di migliaia di cittadini osannanti che cantavano ritmando e scandendo le parole: “Gucciardi, Scala, Ferrara e Papania: vuatri siti ‘a sarvizza di' l’anima mia”.

Sala Rossa

sabato 2 gennaio 2010

LA CORONA DI LO BIUNDO E LA STORIA CHE SI RIPETE

Giorno 30 dell’anno che si è appena concluso è stato un giorno straordinario per la politica del nostro Partito e della nostra città. Una cerimonia - che si ripete ormai annualmente ma che non ha niente di rituale, semmai ci dice come al passato bisogna attingere per andare avanti nel difficile percorso della rafforzamento della democrazia e dello sviluppo, ha chiuso un anno di duro lavoro di una piccola parte della comunità politica partinicese che affonda le sue radici nella storia del Movimento operaio locale scritto da Danilo Dolci, Turiddu Termini e tanti compagni comunisti che già nel 1944 avevano costruito la Camera del Lavoro ed anche il Partito. Lì, in via Iannello, i comunisti di Partinico insieme a tanti democratici, da anni ormai ricordano Danilo nella ricorrenza della sua immatura scomparsa. E ricordano davanti l’abitazione del quartiere Spine Sante non solo un uomo e la sua storia, ma quell’azione di non violenza come il digiuno, che ebbe capacità straordinarie di convincimento al punto da costringere, insieme ovviamente a tante altre precedenti iniziative di mobilitazione popolare, il Governo a dire si alla costruzione della diga sul fiume Jato. Cioè ad una ipotesi di sviluppo attraverso l’uso razionale di una risorsa come l’acqua che da sempre si perdeva a mare, in quanto simbolo di uno spreco che rendeva sempre più aride e improduttive le nostre terre e sempre più poveri non solo i nostri contadini ma l’economia generale della nostra città. Ma il 30 bisognava che Danilo venisse ancor di più onorato dai partinicesi, seppur l’ultima Giunta del Sindaco Cannizzo gli avesse intitolato, giustamente, la scuola di Mirto da lui voluta e costruita così come il dottore Enzo Provenzano aveva fatto con la divisione di diabetologia. A Danilo, come si conviene agli uomini che hanno lasciato una forte impronta della loro presenza, bisognava in seguito a quanto già deliberato dal Commissario straordinario del nostro Comune, Saverio Bonura, e per volontà dei comunisti di Partinico, intitolare una via già individuata in una zona di espansione a valle della città. Quella zona ne comprende altre tre da intitolare ai comunisti Turiddu Termini e Cola Geraci e al socialista Matteo Provenzano. Un tardivo riconoscimento da parte del potere locale a uomini che furono simboli della lotta contro i soprusi, a difesa dei lavoratori e contro soprattutto i governi del luogo spesso corrotti e corruttori. E la via è stata intitolata, malgrado il silenzio ai limiti del diniego (come era stato per Peppino Impastato) di questa amministrazione comunale alla guida della quale vi è un giovane che, a mio parere, farebbe bene a dedicare più tempo alla lettura e a farsi raccontare, da qualche suo familiare, la storia sopratutto dei comunisti della sua città. Almeno quella di questi ultimi sessant’anni .

La solidarietà portata dal nostro Partito e dal nostro Segretario provinciale, l’avvocato Mario Guarino, ai lavoratori della cooperativa “Consorzio irriguo Jato” che presidiano da prima del Natale i pozzi di sollevamento lasciati dal Consorzio di bonifica in stato di sconsiderato abbandono, è stata la giusta conclusione di quella straordinaria giornata del 30 i cui protagonisti sono stati, indiscutibilmente, i giovani e le giovani comuniste di Rifondazione che, diversamente dal sindaco, non solo leggono ma hanno voglia di apprendere e conoscere un pezzo della storia della loro città. E questo é quel che abbiamo deciso dedicando a Danilo, ai Turiddu Termini , a Cola Geraci e a tanti altri compagni un approfondimento sulla loro vita e sul loro essere comunisti.
Ma la giornata del 30, ad uno come me che ha vissuto intensamente la storia della sua città di questi ultimi cinquant'anni, doveva riservare una piacevole sorpresa a dimostrazione di come, per certi versi, la storia si possa sempre ripetere seppur in forme diverse. Sopratutto quando questa é storia della classe dei lavoratori e dei suoi dirigenti.

Danilo digiunava a Spine Sante, la Chiesa locale, un pezzo allora di ottusa conservazione, lo combatteva ai limiti della denigrazione, una parte della DC quella fondamentalista ed anche oltransista perpetuatasi nel tempo lo definiva come la longa manus dei comunisti. Danilo, dunque, era un nemico da combattere a qualunque costo e con tutti gli strumenti di cui disponeva quel "potere". Ma avviene un fatto straordinario, un fatto non previsto: il sindaco democristiano Mimì Cataldo e la sua Giunta, contro il parere della maggioranza di quel Partito, rendeva omaggio a Danilo visitando in via Iannello un uomo che lottava per una città ed una popolazione che non era la sua con metodi sconosciuti fino ad allora: la non violenza che disarma ma che dà forza alla giustezza delle richieste che erano quelle di costruire la diga e difendere lavoro e sviluppo. Certo, poi quel Sindaco questo atto di grande dignità, coraggio e di incancellabile solidarietà, lo dovette pagar caro in senso politico.

Dicevo come la storia si ripeta. Giorno 30 dicembre del 2009 davanti la casa di via Iannello, a nostra insaputa e di buon mattino, viene posta una corona di fiori dall’Amministrazione e dal Consiglio comunale di Partinico con lo scopo di rendere, finalmente, onore ad un uomo anche se é ancora poco per non farlo restare di una sola “parte” ma patrimonio della storia di tutta la collettività a prescindere dall'appartenenza. Un riconoscimento sostanziato anche dalla presenza e dall'intervento del Sindaco Lo Biundo. E Lo Biundo in tal maniera, e forse suo malgrado, per questo gesto sarà ricordato così come si ricorda ancora ad oggi il dott. Cataldo Sindaco di quella, purtoppo, breve ed irripetibile stagione politica che contribuì a fare crescere nella coscienza di tanti giovani, tra cui il sottoscritto, il desiderio di un mondo dove eguaglianza, diritti, democrazia siano valori e non certo e soltanto vuote parole. Subissato dal fondamentalismo democristiano, Mimì Cataldo concluse la sua stagione di Sindaco anche se la sua esperienza lasciò lacerato quel Partito che poi nel 1964, alle elezioni politiche, pagò il prezzo della sua divisione. Il fratello di Mimì Cataldo, il dott. Francesco, divenne senatore del Partito liberale mentre si comprese, seppur dopo tanti anni, che la DC si poteva definitivamente "spaccare" e battere il suo sistema di potere fondato non solo sull'adesione convinta ma, in buona parte, sul terrorismo ideologico, sulla clientela ed anche sulle connessioni con la mafia. Ma quella, come direbbe Pino Maniaci, é altra storia.

Toti Costanzo